Tra le problematiche poste in risalto dall’attuale pandemia dovuta al covid-19, si evidenziano dati allarmanti per quanto concerne la violenza di genere che rappresenta, a tutti gli effetti, una violazione dei diritti umani. I lockdown che si sono susseguiti e in generale la crisi economica verificatasi in Italia e nel mondo intero, hanno portato a condizioni di sempre maggiore alienazione e anche problematiche quali la perdita del lavoro, cause che hanno portato all’aumento delle forme di abuso, potere e controllo da parte di partner violenti nei confronti di molte donne. Il report nel Dossier Viminale, presentato ad agosto 2020, ha evidenziato che dal 9 marzo al 3 giugno sono morte 44 donne in ambito familiare su 58 omicidi di tipo affettivo. In 89 giorni di lockdown generalizzato, è dunque morta una donna ogni due giorni, uccisa da un membro della sua famiglia. Il divieto di lasciare l’abitazione stabilito dal Governo, per contenere la situazione dei contagi, è stato accompagnato da un calo delle denunce per maltrattamenti e violenza domestica. Le donne vittime di abusi si sono ritrovate ad essere intrappolate a tutti gli effetti con i propri carnefici nelle mura domestiche e ad essere tenute sotto controllo costantemente, senza avere la possibilità di poter chiedere aiuto. È importante continuare a parlare del tema della violenza di genere che tuttora caratterizza questo periodo storico. Dalla più intima e devastante violenza come quella sessuale, fino alle aggressioni verbali e le torture psicologiche, nessuna forma di violenza deve essere tollerata o minimizzata. Continue sono ancora le molestie che le donne si ritrovano a dover subire, dal “cat calling” per strada, alle violenze fisiche per mano di sconosciuti o di persone anche “fidate” come potrebbero essere un partner, un marito, un parente, un datore di lavoro. Dal 2019 è partito il progetto della polizia di Stato noto come “Questo non è amore”, il quale rappresenta una forma di aiuto per le donne vittime di abusi attraverso una vera e propria campagna di sensibilizzazione. L’obiettivo è quello di diffondere una nuova cultura di genere che aiuti le vittime ad uscire allo scoperto e a denunciare senza avere vergogna. Chiedere aiuto e denunciare gli aggressori è la cosa giusta da fare. La vergogna dovrebbe essere provata solo da coloro i quali commettono questi atti ignobili che non solo comportano danni fisici, ma anche psicologici, arrivando persino ad annientare anche la consapevolezza più intima del valore che la vittima ha di sé. Alla luce di quanto esposto, ad oggi risulta dunque di vitale importanza continuare a trattare di questo argomento molto delicato che coinvolge non solo le donne vittime di abusi, ma l’intera società, la quale è chiamata a combattere la violenza di genere che tuttora è radicata all’interno della cultura contemporanea. Educare le nuove generazioni a perseguire la cultura della parità è un dovere morale, una vera e propria necessità per passare dalla “teoria” dei numerosi convegni, delle campagne pubblicitarie contro la violenza e di tutti i progetti culturali che sono stati effettuati, alla cosiddetta “prassi”, a ciò che di concreto si può sperimentare ogni giorno. Una cultura della parità è ciò alla quale ognuno di noi, in quanto cittadini del mondo con pari diritti, dobbiamo aspirare. Non bisogna rendere vana la lotta per la parità che è costata milioni di vite di donne. La strada da percorrere per arrivare alla meta è ancora lunga, molte conquiste ad oggi sono state fatte, però è importante essere consapevoli della situazione attuale per poter lavorare ad un futuro migliore, per non perdere di vista l’obiettivo ultimo di un’effettiva parità che non sia solo “sulla carta”.
Per maggiori informazioni:
https://www.istat.it/it/violenza-sulle-donne/speciale-covid-19
Mariafrancesca Donato
Elena Logatto