La violenza non conosce tregua: i dati allarmanti della pandemia

Tra le problematiche poste in risalto dall’attuale pandemia dovuta al covid-19, si evidenziano dati allarmanti per quanto concerne la violenza di genere che rappresenta, a tutti gli effetti, una violazione dei diritti umani. I lockdown che si sono susseguiti e in generale la crisi economica verificatasi in Italia e nel mondo intero, hanno portato a condizioni di sempre maggiore alienazione e anche problematiche quali la perdita del lavoro, cause che hanno portato all’aumento delle forme di abuso, potere e controllo da parte di partner violenti nei confronti di molte donne. Il report nel Dossier Viminale, presentato ad agosto 2020, ha evidenziato che dal 9 marzo al 3 giugno sono morte 44 donne in ambito familiare su 58 omicidi di tipo affettivo. In 89 giorni di lockdown generalizzato, è dunque morta una donna ogni due giorni, uccisa da un membro della sua famiglia. Il divieto di lasciare l’abitazione stabilito dal Governo, per contenere la situazione dei contagi, è stato accompagnato da un calo delle denunce per maltrattamenti e violenza domestica. Le donne vittime di abusi si sono ritrovate ad essere intrappolate a tutti gli effetti con i propri carnefici nelle mura domestiche e ad essere tenute sotto controllo costantemente, senza avere la possibilità di poter chiedere aiuto. È importante continuare a parlare del tema della violenza di genere che tuttora caratterizza questo periodo storico. Dalla più intima e devastante violenza come quella sessuale, fino alle aggressioni verbali e le torture psicologiche, nessuna forma di violenza deve essere tollerata o minimizzata. Continue sono ancora le molestie che le donne si ritrovano a dover subire, dal “cat calling” per strada, alle violenze fisiche per mano di sconosciuti o di persone anche “fidate” come potrebbero essere un partner, un marito, un parente, un datore di lavoro. Dal 2019 è partito il progetto della polizia di Stato noto come “Questo non è amore”, il quale rappresenta una forma di aiuto per le donne vittime di abusi attraverso una vera e propria campagna di sensibilizzazione. L’obiettivo è quello di diffondere una nuova cultura di genere che aiuti le vittime ad uscire allo scoperto e a denunciare senza avere vergogna. Chiedere aiuto e denunciare gli aggressori è la cosa giusta da fare. La vergogna dovrebbe essere provata solo da coloro i quali commettono questi atti ignobili che non solo comportano danni fisici, ma anche psicologici, arrivando persino ad annientare anche la consapevolezza più intima del valore che la vittima ha di sé. Alla luce di quanto esposto, ad oggi risulta dunque di vitale importanza continuare a trattare di questo argomento molto delicato che coinvolge non solo le donne vittime di abusi, ma l’intera società, la quale è chiamata a combattere la violenza di genere che tuttora è radicata all’interno della cultura contemporanea. Educare le nuove generazioni a perseguire la cultura della parità è un dovere morale, una vera e propria necessità per passare dalla “teoria” dei numerosi convegni, delle campagne pubblicitarie contro la violenza e di tutti i progetti culturali che sono stati effettuati, alla cosiddetta “prassi”, a ciò che di concreto si può sperimentare ogni giorno. Una cultura della parità è ciò alla quale ognuno di noi, in quanto cittadini del mondo con pari diritti, dobbiamo aspirare. Non bisogna rendere vana la lotta per la parità che è costata milioni di vite di donne. La strada da percorrere per arrivare alla meta è ancora lunga, molte conquiste ad oggi sono state fatte, però è importante essere consapevoli della situazione attuale per poter lavorare ad un futuro migliore, per non perdere di vista l’obiettivo ultimo di un’effettiva parità che non sia solo “sulla carta”.

Per maggiori informazioni:

https://www.istat.it/it/violenza-sulle-donne/speciale-covid-19

https://www.interno.gov.it/it/stampa-e-comunicazione/dati-e-statistiche/ferragosto-2020-dossier-viminale

Mariafrancesca Donato

Elena Logatto

Didattica a distanza: a mali estremi, estremi rimedi

La scuola ha mutato forma a causa dell’emergenza sanitaria evolvendosi in una modalità “wireless”. La chiusura preventiva delle scuole ha suscitato molte polemiche da parte dei genitori per diversi motivi quali l’impossibilità di seguire i bambini da casa, i dubbi e le perplessità relativi alla DAD (didattica a distanza) ma anche la difficoltà di reperire i mezzi informatici per tale scopo. In particolar modo, in Calabria, l’ordinanza del Presidente della Regione, Spirlì, ha disposto che dal 7 al 31 gennaio 2021 solo l’attività didattica ed educativa per le scuole dell’infanzia si continuerà in presenza, prediligendo la DAD per le altre istituzioni scolastiche. La didattica in presenza impone un certo rigore ad alunni e docenti di tenere la mascherina, di misurare la temperatura corporea quotidianamente, ma anche per la dirigenza di dover porre rimedio alla mancanza di spazi abbastanza grandi da assicurare la distanza minima necessaria. Per sopperire a tali richieste, molti dirigenti scolastici hanno optato per delle modifiche strutturali per ampliare le aule. Laddove non sia stato possibile assicurare le condizioni sanitarie adeguate, la DAD è stata e rimane al momento l’unica via alternativa. Per quanto riguarda gli atenei italiani, in base alle indicazioni governative, la DAD per l’università rimane la modalità didattica più utilizzata con la quale stanno svolgendosi lezioni ed esami in tutta Italia. Per questo motivo sono state migliorate le tecnologie e gli strumenti a disposizione, con una massiva digitalizzazione dei contenuti e lo sviluppo delle applicazioni quali Zoom, Google Meet, Microsoft Teams ed altre. Per prenotare i posti in aula laddove le lezioni dovessero essere in presenza, o per quanto riguarda le biblioteche e le mense, sono state sviluppate applicazioni che permettono di controllare il flusso in entrata ed uscita attraverso la gestione stessa delle prenotazioni, così da poter evitare assembramenti e possibili contagi. Se da un lato questo tipo di modalità ha consentito ad alunni e docenti di continuare le lezioni in totale sicurezza, dall’altro, non essendo una realtà già consolidata, ha suscitato molti dubbi. La necessità di mantenere la connessione stabile anche usufruendo di più dispositivi informatici contemporaneamente per coloro i quali abbiano familiari impegnati con la DAD o che lavorano, è solo uno dei fattori da tenere in considerazione. Anche stare di fronte allo schermo di un computer per ore ed ore potrebbe provocare problemi alla vista e alla postura sia degli alunni che dei docenti. Bisogna anche tener conto che non tutte le famiglie sono in possesso degli strumenti informatici adeguati e richiesti per tale modalità didattica, come evidenziato in precedenza, motivo per il quale sono stati stanziati dei finanziamenti per l’acquisto e il comodato d’uso di tablet e computer. Dal punto di vista didattico sono presenti ulteriori perplessità riguardanti il metodo di valutazione di interrogazioni, esami universitari, compiti svolti da casa con la stessa attendibilità di questi che potrebbe venir meno. Gli studenti stessi hanno organizzato proteste in tutta Italia contro la DAD, arrivando persino all’occupazione come nel caso degli studenti di un liceo a Napoli. Tra le varie discussioni in atto, gli studenti richiedono, in alternativa alla sola DAD, una modalità mista tra la didattica a distanza e quella in presenza. In un periodo abbastanza delicato, nel quale le relazioni umane sono venute meno,  il senso di appartenenza ad una classe scolastica è uno dei pochi appigli che i ragazzi hanno mantenuto nei mesi in cui la scuola è rimasta chiusa. Facendo lezione da casa viene a mancare il contatto diretto tra docente e studente, che nel caso della DAD viene sostituito dalla messaggistica e nella migliore delle ipotesi dalle videochiamate. Cambiando il modo stesso di fare didattica, alunni e docenti si ritrovano a dover sperimentare nuove dinamiche di comunicazione che non sempre possono essere all’altezza del “vecchio” modo di fare scuola. E’ difficile definire entro quali limiti la DAD sia effettivamente funzionale per gli scopi didattici. Bisogna, però, tenere a mente che la situazione sanitaria impone dei limiti che non possono e non devono essere valicati con leggerezza: di fatto non si può mettere in discussione quello che è il diritto alla salute. La DAD, seppur con molti difetti, rimane una risorsa importante che risponde alle necessità ed esigenze di questo momento, nel quale è importante tenere a mente di dover essere flessibili e versatili così da potersi adattare più facilmente ai cambiamenti che stiamo vivendo, che sono, a tutti gli effetti, inevitabili.

Manuel Condino, Elena Logatto

VACCINARSI: sì o no?

Il 2020 ha letteralmente messo in ginocchio il mondo intero che di certo non era pronto a fronteggiare una minaccia sanitaria così elevata. In Italia è disponibile dal 27 dicembre 2020 il primo vaccino contro il coronavirus di Pfizer-BioNTech, seguito a poche settimane di distanza dal vaccino di Moderna. L’importanza della vaccinazione è un argomento ricco di controversie tra chi si appella alla scienza e chi ancora rimane dubbioso. Uno dei motivi di questa sfiducia potrebbe essere una parziale conoscenza sul funzionamento dei vaccini. In Italia la vaccinazione non è obbligatoria, motivo per cui, all’alba del 2021, occorre fare chiarezza su questo argomento che coinvolge chiunque, dal bambino all’anziano, in modo da poter essere consapevoli nelle scelte che si è chiamati a compiere. Uno dei fattori più discussi in merito ai vaccini è senza dubbio il fatto che siano stati realizzati in poco tempo. E’ vero che i vaccini di solito richiedano molti anni per essere realizzati. Bisogna, però, tenere in considerazione che un virus simile a quello attuale ha causato la SARS nei primi anni del 2000, motivo per cui i ricercatori hanno potuto sfruttare alcune delle conoscenze relative al vecchio virus per poter fronteggiare il nuovo. Grazie a queste conoscenze, e l’impiego delle nuove tecnologie a disposizione, si è potuto intervenire sul modo in cui il virus attacca le cellule cercando di bloccare tale meccanismo prima che l’infezione cominci. Il vaccino di Pfizer-BioNTech e quello di Moderna utilizzano l’mRNA (RNA messaggero) che contiene le istruzioni per produrre alcune proteine specifiche del coronavirus portando il sistema immunitario ad imparare a riconoscerle e contrastarle senza però provocare l’infezione.
Una domanda molto frequente in merito ai nuovi vaccini è se questi possano modificare il DNA. Una volta che la cellula produce le proteine dovute all’mRNA immesso, procede a distruggerlo senza che ne rimanga traccia, senza che questo modifichi in nessun modo il DNA. Per quanto riguarda gli effetti collaterali, nei test effettuati sono risultati sintomi di dolore nel punto di iniezione, mal di testa, brividi, spossatezza momentanea, si tratta comunque di effetti di minore gravità rispetto a quello che potrebbe causare il virus. In casi molto rari alcune persone sottoposte al vaccino hanno manifestato una reazione allergica a questo, ma ciò accade tipicamente per ogni vaccino e riguarda comunque una ristretta percentuale della popolazione vaccinata, solitamente con allergie verso alcuni alimenti, farmaci e medicinali. Per questo motivo è importante che i soggetti allergici facciano presente la propria condizione prima della vaccinazione, in modo tale da poter seguire un protocollo più controllato.
Donne in attesa e bambini non vengono vaccinati perché non sono stati condotti ancora test clinici estesi su questi, prediligendo le categorie più sensibili quali adulti e in particolar modo gli anziani. Il vaccino di Moderna, già diluito e pronto per essere iniettato, viene somministrato a pazienti di età pari o superiore a 18 anni, si conserva più facilmente e immunizza dopo due settimane dalla seconda somministrazione. Il vaccino di Pfizer, invece, che va conservato a meno 80 gradi, può essere somministrato a chi abbia almeno 16 anni e garantisce l’immunità dopo una settimana dalla seconda dose. Per quanto concerne efficacia e sicurezza, i due farmaci hanno ottenuto nella sperimentazione clinica di fase 3 risultati molto simili. Il vaccino di Pfizer-BioNTech è efficace al 95%, quello di Moderna al 94,5%. E’ necessario più tempo per ottenere dati significativi sull’eventuale possibilità di contagio da parte dei vaccinati. Risulta dunque importante che questi e le persone con le quali vengono a contatto debbano continuare ad adottare le misure di protezione anti COVID-19. Ad un anno dall’inizio dell’emergenza sanitaria, è importante garantire una maggiore consapevolezza in merito alla situazione sanitaria su scala nazionale e mondiale, soprattutto facendo informazione nella maniera corretta, senza allarmismi e fake news. Nel clima che stiamo vivendo, ricco di incertezze e dubbi, è necessario non perdere la speranza nella ricerca clinica.

Elena Logatto

Il coraggio dell’uomo nella Luce del nuovo Anno. Il 2021: l’Anno della Speranza.

Oggi, ultimo giorno dell’anno, momento in cui si ripensa a ciò che si è vissuto, si tende a porre giudizio di ciò che è stato. Il 2020 è stato l’anno, è l’anno, in cui sentirsi vivi è linfa mattutina, ci si è sforzati tanto a vedere il bello di ogni cosa, e lo si continua a fare. Che sia questa una lucina, un oggetto qualsiasi, il saluto di un vicino, di un amico lontano, di un conoscente, di un genitore o di un figlio al mattino appena svegli, dello sfiorare la mano al tuo compagno/a. Siamo stati lontano dalle nostre vere vite, dalla realtà che prima del “nemico” ci apparteneva. Abbiamo riscoperto il senso della calma, del vivere le nostre case, dell’Amore della nostra vita lontano dal proprio cuore ma connesso dalla voglia di riabbracciarsi appena tutto sarà finito. Si, abbiamo rispolverato grandi risorse: la resilienza, l’amore, l’aiuto verso l’altro, la solitudine e tutti quei “sentiti” personali che al suo sperimentare ti avverti vacillare. La voglia di superare i propri limiti è stata incisiva nell’andare avanti. Eppure si, sappiamo che non per tutti è stato così. C’è chi si è chiuso ancora di più nei suoi pensieri, anche se in parte è stato un momento che in bene o in male è stato attraversato da tutti; chi non è riuscito a riscoprire se stesso nella sua infinita bellezza, ed è stato trascinato nel fondo delle sue paure; chi si è imbattuto nel covid 19; chi ha affrontato i suoi subdoli sintomi e la sua presenza insistente nel suo corpo; chi ha perso una persona cara, non solo per il nemico; chi vive queste feste con un vuoto nel cuore e a tavola; chi si sente perso e disadattato; chi non spera in un nuovo domani; chi oggi è triste sempre un po’ di più. Ecco, si proprio a te che senti la vita perdersi dietro i giorni che passano, voglio dire che la speranza si deve aver voglia e forza di ritrovarla. E per farlo bisogna crederci, sforzarsi e lavorare sodo per ritornare ad odorarla. D’altro canto è stato un anno armonioso, dove difficilmente chi più chi meno, è stato preso dalla voglia di informarsi, leggere, capire e provare a spiegarsi come la nostra esistenza è stata messa in difficoltà. Siamo stati tutti dei grandi eroi, ed è per questo che oggi dovremmo premiarci, volendoci bene e confidando che la vita, il futuro, merita di essere giudicato nel “qui ed ora” del suo sentiero. Che sia un anno meraviglioso il 2021, dove la “cura”, per l’altro, per noi stessi, per il nostro pianeta Terra sia la luce che supporti il cambiamento. Un cambiamento consapevole, che parte da ognuno di noi al fine di garantire una rivoluzione del vivere positivo, pieno di soddisfazioni e gratificazioni.

Buon Anno 2021, Dott.ssa I.Luana Filippo (Psicologa Clinica).

GIVE ME FIVE… MOVIES!

Quest’anno sarà un Natale diverso. Se per caso ancora non ti fosse chiaro, magari perché non guardi la tv e non permetti a Barbara d’Urso di entrare nella tua casa -sempre col cuore, si intende- o perché non leggi i giornali, non ascolti la radio, alle 20 e 30 sei troppo impegnato a gustarti la pizza impastata con tanto amore e poco ti interessa delle avvincenti dichiarazioni del nostro amato(?) presidente: oltre a rivedere un po’ le tue priorità(ndr), ebbene si, sappi che sarà un Natale diverso.
La parola “diverso” ti fa paura? Ti fa immediatamente pensare a tutta la serie di rinunce che sarai costretto a fare nel periodo più bello e felice dell’anno? Si, fai bene, perché sarà proprio così.
A meno che tu non voglia contribuire ad una terza ondata -il Coronavirus fa surf, parola dei Baustelle- e vanificare tutti i sacrifici dell’ultimo anno, dovrai rispettare le regole, le raccomandazioni, i decreti e anche le strillettere inviate da Albus Silente in persona se fosse necessario. Terminata questa ambiziosa (?) introduzione, il mio compito qui è di consigliarti qualche film che potrebbero rendere le festività più piacevoli. Se è un Natale diverso che vogliono, così sarà anche la lista che segue. La diversità è ricchezza in fin dei conti (cit. di qualcuno, forse del Papa?!) perciò non aspettarti una lista di film con i soliti cult amatissimi, bellissimi, issimi in tutto. Kevin avrà perso l’aereo quante volte ormai?! E pensa, su una poltrona, in due, quest’anno non conviene sedersi.
Iniziamo.

Silent Night, Deadly Night – Natale di Sangue (1984)
Se c’è qualcuno inquietante tanto quanto un clown, quel qualcuno è il Babbo Natale che sta di fronte al supermercato sotto casa tua. Soprattutto se sotto il costume c’è un ragazzo chiamato Billy, che ha assistito all’uccisione dei suoi genitori da parte di un Babbo Natale quando era un bambino, per poi essere spedito in un orfanotrofio. A 18 anni, compra lui stesso un vestito da Babbo Natale ed esce per compiere una serie di omicidi. Santa Claus ha una lista, ok è una lista di omicidi ma cerchiamo di non essere troppo puntigliosi: non tutti per Natale desiderano il cellulare nuovo.
“Natale di Sangue” è stato un flop al botteghino per colpa di un gruppo di genitori che non volevano vedere Santa Claus ritratto come un killer pazzo. A essere onesti, non è nemmeno un bel film ma è così brutto che diventa bello e divertente. Ottimo per passare il tempo con un Babbo Natale unico nel suo genere –per fortuna-.

Quando l’amore è magia – Serendipity (2001)
Nel 1990 Jonathan, in pieno shopping natalizio, incontra per caso Sara.
Due perfetti sconosciuti vengono travolti da una reciproca attrazione, nonostante entrambi siano felicemente -non così tanto a quanto pare- impegnati in altre relazioni, decidono di trascorrere la serata insieme, nel totale anonimato, decidendo di non scambiarsi neppure i nomi. Quando la notte sta per finire Jonathan, oramai innamorato, propone di continuare a vedersi mentre Sarah, titubante, propende per un’altra soluzione: lasciare che sia il destino a decidere del loro futuro. Se sono fatti per stare insieme, finiranno sicuramente per ritrovarsi. Non fatevi ingannare dal titolo; quel “serendipity” potrebbe farvi storcere il naso, poiché insieme a “resilienza” fa parte di quelle parole che il 65% della popolazione mondiale ha ormai tatuate sul polso (originali!), è in realtà un bel film, con un bel cast. Da vedere sicuramente se hai l’animo romantico.

Dickens: L’uomo che inventò il Natale (2017)
Sei affetto dalla cosiddetta “sindrome dell’epoca d’oro”? Hai nostalgia di vite mai vissute e ogni giorno ti ripeti cosa tu ci faccia con un Iphone in mano a commentare le fake news su facebook anziché sorseggiare un tè caldo con Oscar Wilde? Questo è il film che fa per te.
Nel 1483 in una Londra vittoriana Charles Dickens, ossessionato dai debiti, cerca disperatamente un nuovo successo letterario. Sarà l’avvicinarsi delle festività natalizie -all’epoca poco considerate dalla maggior parte degli inglese- ad ispirargli la creazione di un racconto sul Natale. Il film mette in scena la creazione dell’opera “A Christmas Carol”, intrecciando le situazioni, le atmosfere e i personaggi della fantasia di Dickens con le vicende biografiche e familiari dello scrittore. Il tutto descrivendo, con una certa dose di suspense, il rischio che corse uno dei più celebri racconti della letteratura inglese di tutti i tempi, di non essere mai pubblicato. “A Christmas Carol” ottiene un successo enorme e immediato, contribuendo a risvegliare l’assopito sentimento del Natale.

Le cinque leggende (2012)
E’ arrivato il momento di accontentare anche i più piccoli -si, se hai 30 anni e la “sindrome di Peter Pan” va bene lo stesso- con un lungometraggio di animazione. Il film è un adattamento cinematografico di una serie di romanzi per bambini di William Joyce, in cui il regista riversa i più svariati contesti di fantasticheria infantile, costruendo un’avventura basata sul rapporta tra fiducia e fantasia. I guardiani delle fantasie infantili devono riunirsi per sconfiggere un potente nemico. Babbo Natale, la Fatina dei Denti, il Coniglio Pasquale e l’Uomo dei Sogni dovranno reclutare il quinto guardiano, Jack Frost, l’unico che, secondo la profezia, è in grado di tenere testa al temuto Pitch Black (l’Uomo Nero). Con una sceneggiatura che trasforma i protagonisti in veri e propri supereroi -Avengers; temete!- il film scorre piacevolmente, appassionando i più piccoli e i più grandi senza distinzione alcuna (tornare bambini, ogni tanto, è terapeutico).

Last Christmas (2019)
Concludiamo con qualcosa di più recente. Sarò sincero, non è sicuramente tra i migliori film a tema natalizio mai fatti ma merita un’occhiata. Il film è ispirato alla canzone Last Christmas di George Michael. La storia, dunque, imbastita per ricalcare la canzone è quella di una ragazza mediamente sfortunata e poco organizzata, come molte sogna di fare la cantante ma in realtà si mantiene a stento lavorando tutto l’anno in un negozio di articoli natalizi. Per quasi tutto il film Emilia Clarke -lunga vita alla regina dei draghi- sarà vestita da elfo verde. Casca, fa brutte figure, si rivela inadeguata, fa entrare i ladri nel negozio con la sua incuria e causa decisamente molti più problemi di quelli che risolve. La sua vita cambierà –o forse no?!- quando conoscerà un ragazzo fuori dal negozio.
A partire da questo ci si aspetterebbe un intreccio, cioè una volta presentata questa situazione sarebbe il momento di mettere in moto degli eventi, far accadere qualcosa, stimolare una trama, invece questo non accade. Che non è male. La storia d’amore è usata come condimento e non come la pietanza principale, che invece è la vita di lei, questa figura sfortunata e a suo modo triste anche se è sempre allegra. Non sarà certo troppo difficile capire come finirà, quale sarà il colpo di teatro del finale e come si chiuderà il tutto (ottemperando alla canzone che ispira). Ma davvero non è il punto, “Last Christmas” non è quel tipo di film che si basa sulla sua trama, è semmai un profilo umano in forma di commedia, più che rappresentare un intreccio mette in scena il desiderio di raccontare una donna diversamente da come si fa di solito.

Francesco De Gaetano

Le notti bianche: la storia di un giovane e della sua solitudine.

Un giovane perso all’interno della sua stessa vita, si trova a dover affrontare una solitudine non solo fisica ma anche mentale, che lo porta al quasi completo estraniamento nella sua vita grigia e monotona. Vagando per le vie di San Pietroburgo, senza meta, egli è tormentato dal profondo desiderio di capire il ruolo che è chiamato ad interpretare all’interno della sua stessa vita. Durante la prima delle quattro notti d’estate raccontate, il giovane incontra una donna e in lei rivede il suo dolore. Anche se con storie completamente diverse, i due diventano l’uno lo specchio dell’altra, come anime affini finalmente ritrovate. Da lì in poi il loro incontro lascia presagire un lieto fine che in realtà non avverrà mai. Il lettore è chiamato ad intraprendere un percorso così come il personaggio di cui legge. Il racconto non è, infatti, troppo lungo e intricato, e la scorrevolezza della scrittura del giovane Dostoevskij fanno sì che nell’arco di una notte si possa iniziare e finire quel percorso all’interno della propria emotività. La purezza e l’eleganza dello stile giovanile dell’autore rimandano alla corrente del Romanticismo, senza però mancare del tocco personalissimo di porre una lente d’ingrandimento sulle emozioni struggenti dei personaggi descritti, analizzando attraverso gli stessi l’intera società e l’influsso che quest’ultima abbia su loro.

Il virus che ha caratterizzato questo 2020 ci ha portati a dover fronteggiare una condizione di isolamento sia fisico che mentale. Abbiamo toccato con mano la solitudine, il sentirsi intrappolati nelle proprie case e nelle proprie menti, in una sorta di tempo diluito che ci ha fatto perdere lo scorrere dei giorni e dei mesi, tutti uguali tra loro. Ma da ogni situazione, anche da quella più drastica, dovremmo riuscire a trarne il meglio: il periodo che tuttora stiamo vivendo ci ha insegnato a non dare per scontato le piccole – grandi cose che caratterizzavano la quotidianità, che sia andare a lavoro o a scuola, fare una passeggiata all’aria aperta, uscire con i propri amici. In un periodo come quello attuale, nel quale i contatti col mondo esterno sono limitati, si potrebbero compiere quelle attività che favoriscano la crescita e lo sviluppo personale: che sia vedere un film che ci emozioni, o ascoltare una canzone che ci ricordi momenti felici, oppure leggere un libro che ci apra la mente e ci faccia viaggiare con la fantasia. Lasciamoci dunque trasportare dal racconto di Fëdor Dostoevskij alla San Pietroburgo della prima metà del 1800, consapevoli di intraprendere un vero e proprio viaggio all’interno della mente del protagonista, tra alti e bassi. Lasciamoci emozionare dalle parole intense dei dialoghi, dalle descrizioni quasi fotografiche dei luoghi e dalla struggente vicenda narrata.
Elena Logatto

CALABRIA: L’ABBANDONO DELL’ULTIMA DELLA CLASSE

Sono passati ormai nove mesi dall’inizio dell’emergenza Covid-19 nel nostro Paese, lunghi mesi in cui, tra lockdown e D.P.C.M., ognuno si è visto privare, in nome del valore principe della salute pubblica, di gran parte delle proprie abitudini di vita. Nove lunghi mesi durante i quali le regioni italiane hanno avuto modo di organizzarsi al fine di fronteggiare una nuova e prevedibile ondata del virus, tornato a colpire più impietoso che mai con l’arrivo della stagione autunnale. Nel panorama politico-sanitario dello stivale, emergono senz’altro studenti di eccellenza e da primo banco, come Lombardia e Veneto, e ci sono studenti da ultima fila, come Sicilia, Puglia e Campania.

A completare tristemente questo scenario, vi è lo studente in difficoltà, il classico alunno che siede all’ultimo banco, che ogni anno naviga tra una stringata promozione e una bocciatura sempre più probabile. Ed è così che la Calabria, terra di poeti, filosofi e matematici, subisce la bocciatura più dolorosa nell’epoca più difficile che la storia contemporanea possa ricordare. Infatti, a fronte di una situazione epidemiologica serena rispetto al resto d’Italia, la Calabria si è ritrovata in zona rossa -oggi zona arancione-, a dover fronteggiare un nuovo periodo duramente restrittivo, con conseguenze forse irrimediabili per la già fragile economia regionale.

La causa è da ricercare non tanto nella diffusione del Covid-19 in Calabria, ma nella indecorosa situazione sanitaria in cui versa la regione. Risparmiata parzialmente dalla prima ondata, la punta dello stivale è stata l’unica regione d’Italia a restare immobile di fronte all’emergenza, non preparandosi in alcun modo a quanto sarebbe potuto succedere dopo la stagione estiva.
E tra la rabbia dei cittadini, la domanda è solo una: di chi è la colpa di questo scempio? La responsabilità è inconfutabilmente della scellerata classe politica, e non solo di quella regionale.

È vero che, alla luce di tutti gli scandali venuti a galla nell’ultimo periodo, la classe politica calabrese non può godere di stima e fiducia; ma è vero anche che chi doveva vigilare sul commissariamento della sanità regionale, non l’ha fatto e ha abbandonato la Calabria al suo triste destino. Sembra quasi che la Calabria venga sentita come un peso, come un malato terminale per il quale non c’è più niente da fare (o per il quale non si voglia più fare nulla!). Le conseguenze, purtroppo, vengono pagate dalle categorie economiche, vessate oltremodo dalle misure restrittive imposte dal Governo, e dai cittadini, stanchi ed esasperati da una serie di misure che forse non avrebbero dovuto subire se la sanità regionale fosse stata all’altezza di quella delle altre realtà territoriali italiane.

La Calabria non merita questo, i cittadini hanno voglia di tornare a vivere in una regione degna di questo nome, in grado di offrire tutto ciò che un territorio dovrebbe assicurare ai suoi abitanti. E al di là delle vergognose parole pronunciate dal senatore Morra, la Calabria merita totale rispetto, e sta ai calabresi fare di tutto per riappropriarsene.

Fancesco Storino

Graduatoria selezione n. 10 volontari per il progetto di Servizio Civile “SE L’ALTRO SONO IO”

Pubblicata la graduatoria dei candidati vincitori per il progetto di servizio civile “Se l’altro sono io”.

A seconda della sede indicata dal candidato al momento della presentazione della domanda, sono stati attribuiti:
– n. 5 volontari presso la sede del Circolo Auser di Paola;
– n. 5 volontari presso la sede del Comune di Paola.

“AVVISO COLLOQUI DI SELEZIONE “SE L’ALTRO SONO IO ” – SERVIZIO CIVILE 2019”

Si avvisano gli aspiranti volontari che, in seguito a sopraggiunti problemi organizzativi e logistici, i colloqui per il progetto di Servizio Civile “Se l’altro sono io” avranno luogo mercoledì 27 novembre, presso la sede del Circolo Auser di Paola, sita in Corso C. Colombo n. 29 secondo il seguente raggruppamento:

· ore 15:30 | cognomi dalla lettera “B” alla lettera “D
· ore 16:30 | cognomi dalla lettera  “F” alla lettera “S

Tutti i candidati dovranno presentarsi al colloquio muniti di un valido documento di identità.

IL PRESENTE AVVISO HA VALORE DI NOTIFICA