Un giovane perso all’interno della sua stessa vita, si trova a dover affrontare una solitudine non solo fisica ma anche mentale, che lo porta al quasi completo estraniamento nella sua vita grigia e monotona. Vagando per le vie di San Pietroburgo, senza meta, egli è tormentato dal profondo desiderio di capire il ruolo che è chiamato ad interpretare all’interno della sua stessa vita. Durante la prima delle quattro notti d’estate raccontate, il giovane incontra una donna e in lei rivede il suo dolore. Anche se con storie completamente diverse, i due diventano l’uno lo specchio dell’altra, come anime affini finalmente ritrovate. Da lì in poi il loro incontro lascia presagire un lieto fine che in realtà non avverrà mai. Il lettore è chiamato ad intraprendere un percorso così come il personaggio di cui legge. Il racconto non è, infatti, troppo lungo e intricato, e la scorrevolezza della scrittura del giovane Dostoevskij fanno sì che nell’arco di una notte si possa iniziare e finire quel percorso all’interno della propria emotività. La purezza e l’eleganza dello stile giovanile dell’autore rimandano alla corrente del Romanticismo, senza però mancare del tocco personalissimo di porre una lente d’ingrandimento sulle emozioni struggenti dei personaggi descritti, analizzando attraverso gli stessi l’intera società e l’influsso che quest’ultima abbia su loro.
Il virus che ha caratterizzato questo 2020 ci ha portati a dover fronteggiare una condizione di isolamento sia fisico che mentale. Abbiamo toccato con mano la solitudine, il sentirsi intrappolati nelle proprie case e nelle proprie menti, in una sorta di tempo diluito che ci ha fatto perdere lo scorrere dei giorni e dei mesi, tutti uguali tra loro. Ma da ogni situazione, anche da quella più drastica, dovremmo riuscire a trarne il meglio: il periodo che tuttora stiamo vivendo ci ha insegnato a non dare per scontato le piccole – grandi cose che caratterizzavano la quotidianità, che sia andare a lavoro o a scuola, fare una passeggiata all’aria aperta, uscire con i propri amici. In un periodo come quello attuale, nel quale i contatti col mondo esterno sono limitati, si potrebbero compiere quelle attività che favoriscano la crescita e lo sviluppo personale: che sia vedere un film che ci emozioni, o ascoltare una canzone che ci ricordi momenti felici, oppure leggere un libro che ci apra la mente e ci faccia viaggiare con la fantasia. Lasciamoci dunque trasportare dal racconto di Fëdor Dostoevskij alla San Pietroburgo della prima metà del 1800, consapevoli di intraprendere un vero e proprio viaggio all’interno della mente del protagonista, tra alti e bassi. Lasciamoci emozionare dalle parole intense dei dialoghi, dalle descrizioni quasi fotografiche dei luoghi e dalla struggente vicenda narrata.
Elena Logatto